Dipinto di Mihai-Dascalu
Vi proponiamo oggi un racconto dello scrittore e poeta siciliano Rocco Chinnici. L’autore ci aiuta a ricordare, con un racconto ambientato in Sicilia, che bisogna stare attenti sempre quando si raccolgono i funghi.
Godetevela e alla fine cercate di tradurre il proverbio siciliano che chiude la storia.
Quando si è convinti che della vita si è compreso tutto, non ci si rende conto di non avere appreso proprio niente.
Un giorno, di tanto tempo fa, un signore che stava recandosi in macchina nei pressi di Ficuzza, alla vista di un vecchietto curvo sul vecchio paniere, intento a raccogliere funghi, si fermò e gli si avvicinò. – Buon giorno nonnino! – Disse – Come va, come va la ricerca micologica?
-Buon giorno a vossignoria! Ma… che ha detto, che ha detto?
-Oh, niente!- Rispose quel signore al vecchietto che conosceva solo campi e boschi. E finì che, camminando accanto al vecchietto, mise in mostra il suo sapere. – Lo sapete – diss’egli al buon vecchietto, – a che altezza siamo sopra il livello del mare?
-Non lo so proprio!
-Lo sapete quant’acqua pompano a Palermo i motori del lago di Piana degli Albanesi?
-Vossignoria chiede di cose!… – Mentre quello continuava a tempestarlo di domande. Il vecchietto, meravigliato e nello stesso tempo mortificato, inghiottiva una dopo l’altra, le tante risposte sconosciute. Tra una domanda e una risposta, finì che ognuno riempì il proprio contenitore di funghi.
-Sapete – continuò con cattedratica oratoria, – io ho studiato a…, io sono stato a…, io ho visitato il…; e la distanza, la distanza che c’è fra Marte e Nettuno, la sapete? E la velocità della luce?
-Il vecchietto ascoltava stupito. Ritornati sulla strada dove si trovava la lussuosa macchina. si salutarono: -Arrivederci! Io sono il Professor Raveri, Docente Universitario della Cattedra di Ingegneria Nucleare di Palermo.
-Il vecchietto, sconfortato per non aver saputo dare una risposta, e imbarazzato davanti a tutti quei titoli, divenne più piccolo di quant’era, e sussurrò leggermente: – Io sono solo Carminu di Belmonte Mezzagno, a servirla! – E si congedarono. Il vecchietto, arrivato a casa, raccontò tutto quanto alla moglie Concettina, seduta a filar la lana, accanto al braciere acceso.
-Concettina, dovevi sentirlo! Che persona istruita! Non c’era cosa che non sapeva: il mare, le stelle, mi disse pure dell’acqua del lago di Piana degli Albanesi!…
-E… dimmi una cosa, ma… due funghi, glieli hai dati?
-Ma quando mai! Fui così preso da tanto sapere, dalle novità che mi raccontava, che l’ho pure dimenticato; ma se non sbaglio, anch’egli riempì il sacchetto.
-E di che funghi, di che funghi?
-A dire il vero… sentivo che parlava, parlava, ma che qualità raccoglieva non ci ho fatto caso; domani gli telefono, sai, mi ha dato anche l’indirizzo.
L’indomani il primo pensiero fu quello di telefonare: -Pronto! Pronto? Parlo con la famiglia Raveri? Cercavo il dottore… non c’è?… Ah! E’ morto?… E come?… Per i funghi? – Posa il telefono e casca sulla sedia borbottando: – Minchione! Concettina, è morto!
-Morto… chi, il dottore? E come?
-Per i funghi!
-Per i funghi?- Fece Concettina meravigliata. – E tu glieli hai controllati se erano buoni, o no?
– Come facevo, Concettina? Di quante cose sapeva, andavo a pensare che non conosceva i funghi?
Tintu chidd’omu ca mori pi li funci,
pirchì a stu munnu ‘un c’e cristu ca lu chianci.